Il Foggia di Zeman: viaggio a Zemanlandia

Il magico trio era composto da Zdenek Ze­man, il tecnico boemo con la sigaretta perennemente accesa, il suo ds preferito, quel Peppino Pavone che gli parlava in dialetto pugliese convinto di farsi capire al vo­lo, e il patron Pasquale Casillo, re del grano, origini napoletane, e fu l'allegra compagnia che portò alla ribalta quel pezzo di Puglia.

Ora la ruggine ricopre i cancelli del miti­co (per i foggiani) “Zaccheria“, rimasto semi­deserto negli ultimi tempi, ma un tempo si spalancavano le porte al popolo in amore che passò un tempo non molto lontano, primi an­ni novanta, infilato dentro la grande giostra di “zemanlan­dia“.

I tre simpatici moschet­tieri non si sono mai persi di vista. Anzi, alla prima occasio­ne hanno anche ricostruito l’era leggendaria fatta di trion­fi calcistici e di intuizioni feli­ci, attraverso un film diventa­to un prezioso cimelio colletti­vo.

Ai bei tempi, an­dare allo stadio, la domenica pomeriggio, era come entrare in un luna park. Il divertimen­to era garantito e per una volta erano sufficienti lo spettacolo pirotecnico, l’attrazione di media e tv incuriositi dal feno­meno e la possibilità di mette­r­e sotto, partendo dalla serie C ed approdando in A, squadroni dal nome al­tisonante. Solo quello spieta­to di Fabio Capello, col suo Mi­lan dei record, riuscì a infligge­re a Zeman un sonoro cappot­to, un 8 a 2 figlio di quell'applicazione ferrea del gioco a zona zemaniano.

Per il resto c'era tutto. C’erano le uscite spericola­te di un portiere più abile con i piedi che con le mani, Franco Mancini, da ammirare; oppu­re i triangoli disegnati sul pra­to verde dal trio Rambaudi-Baiano-Signori da applaudi­re, o ancora le corse freneti­che di Igor Shalimov da pren­dere a modello. Durò qualche anno quel divertimento, poi come ogni favola che si rispet­ti, venne il giorno in cui la car­rozza di cristallo tornò zucca. Casillo fu risucchiato da un processo lungo 13 anni (con assoluzione finale), Zeman fu sedotto da Roma, Signori di­venne l’eroe della curva lazia­le, Shalimov si trasferì a Mila­no, l’Inter di Pellegrini il domi­cilio, e senza la cura Zeman s’imborghesì a tal punto da se­gnalarsi per i soldi spesi alla prima della Scala.

Ma le immagini restano. Spettacolo puro per chiunque ami il bel calcio.

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