Emiri ricchi scemi?

Gli sceicchi, seduti su una scatola di sabbia ricca di petrolio,  hanno scoperto il mondo del calcio. In dodici mesi hanno rovesciato sul tavolo del calcio europeo una montagna di soldi alta quasi 200 milioni di euro senza contare quelli spesi per acquisire la maggioranza della proprietà del Paris Saint Germain sotto la regia interessata dell'allora presidente Sarkozy.

Era il maggio 2011 e la Qatar Sport Investments pagò 50 milioni di euro il 70% di una società che restava ai margini del grande calcio francese (per non parlare di quello europeo).

Da quel giorno la strategia degli sceicchi con i loro fondi d'investimento è stata chiara: utilizzare Parigi per fare il salto di qualità definitivo scalando non solo il ranking Uefa ma il business stesso del pallone, destinati a fare la voce grossa negli anni a venire.

Una nuova frontiera che pare fatta su misura per la loro bramosia di insinuarsi in quei contesti idonei per far brillare la propria immagine, rutilante di petrol-dollaroni.

Oltre i transalpini hanno rifatto il lifting anche a club e team inglesi e persino spagnoli (quelli tedeschi ne possono fare a meno, vista la loro situazione economica).

Emiri ricchi scemi? Non proprio, visto che hanno accuratamente evitato l'Italia, un tempo calamita del calcio internazionale. Neppure sfiorato il Bel Paese.

Certo che in tempi di recessioni, con i nostri club indebitati, i petrol-dollari dei signori dell'oro nero avrebbero fatto comodo.

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